Ti è mai capitato di sentirti sopraffattɘ da un misto di rabbia, paura e colpa dopo aver alzato la voce con tuɘ figliɘ?
Non conosco nessuna madre (e ne conosco con 4 figli..) che non abbia mai alzato la voce con il proprio figlio e poi non si sia sentita in colpa per questo..
In quei momenti pensi di aver “sbagliato emozione”, ma quello che a me ha aperto un mondo è stato scoprire che non esistono emozioni giuste o sbagliate: tutte, anche quelle che conosciamo come “scomode”, hanno qualcosa da dirci.
Le emozioni sono il linguaggio più antico del nostro essere. Ci accompagnano ogni giorno, orientano le nostre scelte, i nostri comportamenti e le relazioni che costruiamo. Ma per molti di noi, soprattutto come madri e padri, imparare a comprenderle è una vera e propria rivoluzione interiore.

Le emozioni non sono reazioni casuali o segni di debolezza. Sono risposte fisiologiche e psicologiche che il nostro corpo e la nostra mente mettono in atto per comunicarci qualcosa di importante.
Come spiega Karla McLaren, psicoterapeuta e ricercatrice statunitense, ogni emozione porta con sé un messaggio preciso e un’energia specifica:
Quando impariamo ad ascoltare questi messaggi, invece di reprimerli o giudicarli, iniziamo a praticare una vera intelligenza emotiva.
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Le emozioni servono a proteggerci, guidarci e connetterci.
Sono bussola e radar allo stesso tempo: ci orientano verso ciò che ci fa bene e ci allontanano da ciò che ci ferisce.
Nella vita quotidiana, e in particolare nella genitorialità consapevole, saper leggere le emozioni proprie e dei figli è una competenza fondamentale.
Ad esempio, di fronte ai cosiddetti “capricci” di tuɘ figliɘ poter ampliare la tua visione e riuscire a sentire il messaggio della sua rabbia ti permette di rispondere nel modo più adeguato ed efficace: dietro la sua rabbia potrebbe esserci frustrazione, bisogno di autonomia o paura di non essere compreso.
Allo stesso tempo, anche tu di fronte alla sua rabbia provi delle emozioni che condizionano che tipo di azione riuscirai a mettere in campo: saperti leggere e osservare anche nei tuoi bisogni ti permette di essere genuinɘ nella tua risposta ed insegnargli con l’esempio che ciò che proviamo e ciò che siamo ha un valore.
Questo mi è successo in particolare con il mio secondo figlio. Era capace (e lo è tuttora) di scene di rabbia grandiose che a volte riuscivo a calmare, ma molte volte no. E per me era tremendo. Soprattutto perché io sono stata per molti anni una persona che non si permetteva la rabbia: in qualche modo avevo interiorizzato che fosse un’emozione “negativa” o addirittura “cattiva” e la evitavo costantemente. Era difficilissimo quindi per me sostenere la rabbia e la frustrazione di mio figlio: quell’emozione doveva sparire il prima possibile! Quando ho imparato a leggere la rabbia da un’altra prospettiva con gli strumenti del Coaching Ontologico, ho cominciato a chiedermi quale fosse il bisogno reale di mio figlio e a proporgli risposte più adeguate ed efficaci, senza necessariamente gridargli contro o punirlo.
Ecco cosa ci dicono le emozioni: che dietro ogni reazione c’è un bisogno che chiede di essere riconosciuto.
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Secondo il Dynamic Emotional Integration Model (DEI©) di Karla McLaren esistono quattro principi fondamentali per sviluppare un rapporto più sano con il mondo emotivo.
Ogni emozione ha un valore e una funzione. Non esistono emozioni “negative” o “peggiori” di altre, ma sono tutte messaggere e portatrici di abilità. Questo approccio prende il nome di approccio empatico alle emozioni.
2. Riconoscere l’intensità emotiva
Le emozioni hanno gradi diversi di intensità: possono sussurrare o urlare.
Imparare a riconoscerne il linguaggio ti permette di agire prima che arrivino ad un’intensità elevata, difficile poi da gestire.
3. Accettare la presenza di più emozioni insieme
A differenza di quello che culturalmente ci hanno insegnato, proviamo sempre più emozioni contemporaneamente: puoi essere stancɘ e felice, irritatɘ e gratɘ, triste e sollevatɘ.
Imparare a dare un nome a ciò che senti ti aiuta a capire meglio cosa sta succedendo dentro di te e a comunicare con più chiarezza anche con i tuoi figli.
Non si tratta di “controllare” o “reprimere” ciò che provi, ma di canalizzare le emozioni: ascoltarle, comprenderle e usarle come risorse.
La rabbia può diventare assertività, la paura intuizione, la tristezza connessione con la vita, la gioia nutrimento.
Questo è il cuore della gestione delle emozioni e dell’intelligenza emotiva: imparare a muoversi insieme alle emozioni, non contro di esse.
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Essere madri e padri significa vivere ogni giorno una gamma infinita di emozioni.
Ci sono momenti di gratitudine e amore profondo, ma anche di esasperazione, senso di colpa, paura di non essere all’altezza.
Una genitorialità consapevole nasce proprio da qui: dal riconoscere ciò che proviamo e imparare a trasformarlo in presenza, ascolto e connessione autentica con i figli.
Quando impariamo ad ascoltare le nostre emozioni, possiamo accompagnare meglio anche quelle dei bambini:

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