Te lo sei chiesto qualche volta? Ti è capitato di esplodere di rabbia e puntualmente dopo sentirti in colpa?

“Mi rendo conto che quando sono meno stanca non esplodo così”

“So che in fondo lui non c’entra con questa rabbia e quindi dopo mi sento ancora più in colpa”

“Ogni volta mi dico che non voglio più farlo, ma puntualmente ci ricasco”

“Ho sempre odiato quando mia madre faceva così e ora io sono uguale”

…

Il tema della rabbia delle mamme è sconfinato e probabilmente seguiranno altri capitoli, ma oggi in questo post non voglio soffermarmi sul “da dove viene” o “che cos’è”, quanto piuttosto su “come faccio quando arriva”.

Per prima cosa, se ti stai chiedendo se la rabbia sia un’emozione “sbagliata”, soprattutto da parte di una mamma verso il figlio, la risposta è no.

La rabbia, come ogni emozione, non è nè giusta, nè sbagliata: è semplicemente un messaggero che ci avvisa di qualche cosa. In particolare, la rabbia si attiva nel momento in cui giudico che una certa situazione o comportamento sia ingiusto e mi predispone quindi ad agire per porre dei limiti o per sanzionare.

Se sono abituata ad inibire la mia rabbia, molto probabilmente avrò problemi nel mettere dei confini e proteggere il mio spazio, i miei bisogni e quelli delle persone a cui tengo.

Nella nostra narrativa culturale, la rabbia non si addice al femminile e di conseguenza esiste un nodo di genere molto forte per cui le donne hanno grosse difficoltà a “dire no”.

Detto questo, la scarsa consapevolezza culturale che abbiamo del mondo emotivo fa sì che spesso non abbiamo la percezione che esistano livelli differenti di rabbia. Non ce l’abbiamo o perché non riusciamo a cogliere le sfumature di rabbia che siamo in grado di provare o perché abbiamo interiorizzato un’unica modalità di espressione della rabbia e, indipendente dal livello di rabbia che abbiamo, sappiamo esprimerla solo ad esempio con urla, strepiti e scappellotti.